Cos’è – I numeri del tumore del seno

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Il tumore della mammella è una patologia in cui le cellule si dividono e crescono in maniera incontrollata all’interno della ghiandola mammaria, talvolta infiltrando i tessuti sani circostanti fino a raggiungere i vasi linfatici ed i vasi sanguigni con rischio di disseminazione ai linfonodi loco-regionali e ad altri organi.

Colpisce 1 donna su 8 e rappresenta il 30% dei tumori nel sesso femminile. In Italia oltre 800000 mila donne in vita si sono confrontate con questa malattia.

Grazie ai programmi di screening è oggi possibile effettuare diagnosi precoci e intervenire tempestivamente con trattamenti sempre meno invasivi, raggiungendo valori di sopravvivenza media a 5 anni tra l’85 e 90%.

Prevenzione – L’importanza dello stile di vita

Al processo di cancerogenesi partecipano fattori non modificabili quali età, familiarità, predisposizione genetica, precocità della prima mestruazione ed età tardiva alla menopausa, e fattori su cui è possibile intervenire.

La prevenzione è la più importante arma a nostra disposizione per ridurre le probabilità di sviluppo del tumore al seno e consiste nell’adottare alcuni comportamenti corretti per uno stile di vita sano:

  • Seguire una dieta sana ed equilibrata con limitazione del consumo di carne rossa e di alcolici
  • Eseguire attività fisica regolare mantenendo il peso forma soprattutto in menopausa
  • Eliminare il fumo
  • Limitare l’assunzione di terapie ormonali dopo la menopausa

Se si ha familiarità per tumore della mammella o dell’ovaio è importante parlarne con il proprio medico per capire se si rientra nella categoria definita ad “alto rischio”: le donne con spiccata familiarità per questi tumori e ancor più quelle che scoprono attraverso un test genetico di aver ereditato la mutazione del gene BRCA1/2 sono esposte ad un rischio significativamente più elevato di sviluppare un tumore del seno o dell’ovaio nel corso della vita.

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Autopalpazione – Imparare a conoscere il proprio seno

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Spesso il primo sospetto clinico della presenza di una patologia mammaria proviene dalla paziente stessa che ha percepito un cambiamento del proprio seno. L’autopalpazione non è uno strumento di diagnosi precoce e non è sufficiente per tenere sotto controllo la salute del seno. L’adeguatezza nella diagnosi precoce si ottiene infatti quando la malattia viene individuata attraverso gli esami diagnostici ad uno stadio in cui il tumore non è ancora palpabile. Tuttavia è importante imparare a conoscere il proprio seno per avvertire eventuali cambiamenti, che nella maggior parte dei casi sono di natura benigna.

L’autopalpazione prevede due momenti: l’ispezione e la palpazione.

L’ispezione si effettua davanti allo specchio in posizione eretta, in un ambiente ben illuminato, con le spalle rilassate e le braccia lungo i fianchi. Va osservata la forma del seno, sia frontalmente che lateralmente. La stessa operazione va ripetuta con le braccia alzate sopra la testa e, successivamente, unendo le mani davanti e contraendo i muscoli pettorali. Entrambe le posizioni sono utili per mettere in evidenza l’eventuale presenza di un nodulo.

La palpazione si esegue dapprima in posizione eretta: la mammella va esaminata tastando con un movimento circolare tutti i quadranti utilizzando i polpastrelli delle tre dita medie (indice, medio ed anulare) della mano destra per esplorare il seno sinistro e viceversa, aumentando progressivamente la pressione, avendo cura di non dimenticare i quadranti interni in prossimità dello sterno ed i cavi ascellari. Le stesse manovre vanno ripetute in posizione supina, con il braccio piegato dietro la testa.
Infine, si preme delicatamente il capezzolo con indice e pollice per verificare la fuoriuscita di liquido: meglio aiutarsi con un fazzoletto per controllare il colore di un’eventuale secrezione.

È indicato consultare il proprio medico se si riscontra:

  • Un nodulo di consistenza dura, in particolare se poco mobile rispetto al tessuto circostante
  • Un linfonodo di consistenza dura nel cavo ascellare
  • Gonfiore, sensazione di calore, rossore della pelle
  • Variazioni nell’aspetto e nelle dimensioni del seno
  • Lievi depressioni o retrazioni sulla pelle del seno
  • Lesioni, aree pruriginose o desquamate, irritazioni o retrazioni del capezzolo
  • Secrezioni, mai notate prima, dal capezzolo
  • Dolore localizzato e persistente

Esami da fare – L’importanza della diagnosi precoce

Individuare il tumore quando è ancora in fase iniziale, di piccole dimensioni e ancora non è palpabile aumenta notevolmente le possibilità di guarire dalla malattia e di preservare la qualità della vita.

Come fare per ottenere una diagnosi precoce?

  • Per una buona prevenzione è consigliato a tutte le donne a partire dai 25 anni di età sottoporsi a cadenza annuale a visita senologica dallo specialista senologo.
  • Per le pazienti di età compresa tra i 25 e i 40 anni, data la densità della ghiandola mammaria, è indicato sottoporsi a cadenza annuale all’ecografia mammaria, basata sull’utilizzo di ultrasuoni. Mentre nelle pazienti di età inferiore ai 40 anni, l’ecografia rappresenta l’esame di primo livello per la diagnosi di tumori della mammella già in fase inziale, per le over 40 questa indagine rappresenta un esame integrativo alla mammografia.
  • A partire dai 40 anni di età il principale strumento di prevenzione è la mammografia, un semplice esame radiografico del seno eseguito con una bassa dose di raggi X, con un’efficacia diagnostica molto elevata in quanto consente di individuare anche lesioni molto piccole e in fase precoce. Per un’adeguata prevenzione è opportuno che le donne dopo i 40 anni si sottopongano a mammografia con cadenza annuale.
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Diagnosi – Procedure di diagnostica mini-invasiva

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Un sospetto clinico-radiologico di neoplasia mammaria deve essere confermato da una diagnosi citologica o istologica. Le procedure di diagnostica mini-invasiva consentono di prelevare un piccolo campione di tessuto mammario che viene inviato per esame citologico o istologico per determinare la natura benigna o maligna della lesione.

Le procedure diagnostiche mini-invasive più comunemente utilizzate sono:

  • Agoaspirato: è una procedura ambulatoriale che può essere eco-guidata o a mano libera, effettuata con un ago cavo, come quello di una comune siringa, senza necessità di anestesia. La paziente viene fatta accomodare sul lettino in posizione supina e l’ago viene inserito attraverso la cute in corrispondenza del nodulo, aspirando delle cellule che verranno sottoposte ad esame citologico per evidenziare la presenza di eventuali cellule tumorali (leggi di più).
  • Agobiopsia: è una procedura ambulatoriale eseguita in anestesia locale. Mediante un ago tranciante, sotto guida ecografica, vengono asportati dei frustoli di tessuto che verranno poi inviati per esame istologico. Si tratta di un esame più sensibile e specifico rispetto all’agoaspirato, in quanto permette di ottenere informazioni più accurate sulla natura dei tumori (istotipo, fattori biologici, grado di differenziazione), determinanti per la pianificazione del percorso di cura (leggi di più).
  • Mammotome: è una procedura ambulatoriale che viene eseguita sotto guida mammografica (stereotassica) in caso di lesioni mammarie non apprezzabili ecograficamente (microcalcificazioni, aree di distorsione del tessuto mammario). La procedura viene eseguita in anestesia locale con la paziente in posizione prona mediante uno strumento molto sofisticato chiamato Mammotome. I campioni prelevati vengono inviati per esame istologico.

Cura – Le terapie in senologia

Gli strumenti di cura ad oggi disponibili per affrontare i tumori del seno sono l’intervento chirurgico, la radioterapia e le cure farmacologiche, spesso combinati, in base alla situazione specifica. La senologia è una disciplina che unisce differenti competenze specifiche e specializzazioni che, insieme, compongono un percorso diagnostico e terapeutico unico per ogni paziente. Il momento cruciale nella personalizzazione della cura è la discussione multidisciplinare tra i componenti della Breast Unit: il singolo caso è discusso nella sua specificità ed in base alle caratteristiche biologiche del tumore, al suo stadio, alle eventuali comorbidità, caratteristiche fisiche e di anamnesi familiare e personale, aspettative ed esigenze psicologiche della paziente si mira all’obiettivo di costruire un percorso terapeutico personalizzato e in linea con le più aggiornate evidenze scientifiche.

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Radioterapia

La radioterapia è una tecnica che consiste nell’impiego di radiazioni ad alta energia allo scopo di distruggere le cellule tumorali eventualmente residuate nella ghiandola mammaria, nei linfonodi ascellari, o nella parete toracica a seguito di un intervento chirurgico. Si pratica al fine di ridurre il rischio di una ripresa del tumore nella sede dell’intervento, nel seno residuo o nei tessuti limitrofi. La radioterapia viene di solito somministrata alle pazienti sottoposte a chirurgia conservativa entro i primi due mesi dall’intervento chirurgico. Il ciclo di trattamento viene suddiviso in piccole sedute giornaliere per un periodo di alcune settimane. Il “frazionamento” in piccole dosi serve a limitare il danno che la radioterapia più recare alle cellule sane e quindi i suoi effetti collaterali.

Ormonoterapia

L’ormonoterapia consiste nella somministrazione di farmaci in grado di bloccare l’azione degli ormoni sessuali femminili, che si ritiene siano coinvolti nell’insorgenza e nello sviluppo di almeno un terzo dei tumori mammari. La possibilità di essere sottoposte a questo tipo di terapia dipende dalla presenza di recettori per gli ormoni femminili (estrogenici e/o progestinici) sulle cellule tumorali, condizione definita “ormonosensibilità” del tumore.

I meccanismi con cui agisce la terapia ormonale sono sostanzialmente due: impedire alla cellula tumorale di utilizzare gli ormoni femminili prodotti dall’organismo per la propria proliferazione o inibire la produzione di tali ormoni da parte dell’organismo. La terapia consiste nell’assunzione di una compressa e di solito ha una durata di circa 5 anni. I principali effetti collaterali sono stanchezza, insonnia, dolori alle ossa e articolazioni, aumento di peso, irregolarità del ciclo mestruale, ispessimento dell’endometrio. Tali effetti avversi vengono monitorati tramite controlli periodici clinico-strumentali per tutta la durata del trattamento.

Chemioterapia

La chemioterapia viene solitamente somministrata, in casi selezionati in base al tipo di tumore e al suo stadio, dopo l’intervento chirurgico allo scopo di distruggere eventuali cellule tumorali che possono essere entrate in circolo ed essersi diffuse ad altri organi. Il suo scopo è quindi quello di aumentare le possibilità di guarigione o nei casi più gravi comunque di prolungare la sopravvivenza. Nei casi di tumori biologicamente aggressivi o che si presentino già in stadio localmente avanzato, può essere indicato effettuare la chemioterapia prima dell’intervento chirurgico con finalità “neoadiuvante”. Il trattamento neoadiuvante ha il duplice scopo di contrastare la diffusione sistemica delle cellule tumorali e di ridurre le dimensioni del tumore consentendo l’adozione di trattamenti chirurgici meno invasivi e meno invalidanti per le pazienti.

La più comune modalità di somministrazione della chemioterapia è per infusione endovenosa mediante un piccolo dispositivo, detto “catetere venoso centrale”, che viene impiantato all’inizio del trattamento tramite un breve intervento chirurgico eseguito in anestesia locale. Il trattamento chemioterapico viene generalmente effettuato in regime di day hospital. I farmaci chemioterapici diffondendosi attraverso il sangue sono purtroppo responsabili di danneggiare accidentalmente anche le cellule sane, in particolar modo quelle che crescono rapidamente (bulbi piliferi, mucose, cellule del sangue e del midollo osseo). Per questa ragione i più comuni effetti collaterali della chemioterapia sono fiacchezza, nausea, abbassamento delle difese immunitarie, perdita dei capelli, diarrea, vomito, dolori articolari, alle ossa o ai muscoli. La maggior parte di questi effetti collaterali tende a regredire una volta terminato il trattamento. Le “terapie integrate” permettono di mitigare gli effetti collaterali della chemioterapia e migliorano significativamente la qualità di vita delle pazienti in trattamento.

Terapie integrate – La persona al centro

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L’approccio integrato alle pazienti con tumore mammario consiste nell’ affiancare ai trattamenti oncologici tradizionali delle metodiche che rendano tali trattamenti più tollerabili e più efficaci.

Le metodiche integrate (dette anche complementari) includono consulenze nutrizionali, fisioterapia, fitoterapia, omeopatia, supporto psicologico, meditazione, trattamenti di reflessologia, agopuntura, terapie di controllo della fatigue e rappresentano un valore aggiunto che favorisce un più efficace recupero del benessere psicofisico e una migliore qualità di vita.

L’approccio olistico aiuta a gestire lo stress legato alla diagnosi e ai trattamenti, a potenziare il sistema immunitario e a ridurre gli effetti collaterali delle cure oncologiche tradizionali quali la nausea, le vampate di calore, l’insonnia, la fatigue e le radiodermiti. La riduzione degli effetti collaterali legati alla patologia tumorale e ai trattamenti oncologici favorisce una maggiore aderenza delle pazienti ai piani di trattamento e riduce la necessità di assumere farmaci di sostegno (ad esempio antinfiammatori). 

La personalizzazione dei trattamenti pone il focus dell’intervento di cura sulla persona malata, piuttosto che sulla malattia.

Negli ultimi vent’anni l’impiego delle terapie integrate ha mostrato un costante aumento, con significativa soddisfazione delle pazienti, che vengono sostenute nel riorganizzare l’identità che la malattia ha modificato e nel ritrovare un sentimento di auto-efficienza e il benessere psicofisico.