La visita senologica è il primo passo da eseguire per la diagnosi di patologie del seno. Consiste in un esame clinico delle mammelle che include anche il controllo dei cavi ascellari e dei linfonodi sovraclaveari.

È un’indagine non invasiva e non dolorosa ed è svolta senza l’utilizzo di specifiche strumentazioni.

Si raccomanda di eseguire una visita senologica almeno una volta all’anno a partire dai 25 anni di età, anche in assenza di sintomatologia di allarme. In caso di auto-riscontro di sintomi o segni sospetti (leggi qui), è necessario sottoporsi in tempi rapidi ad una visita specialistica senologica.

Visite senologiche di controllo si eseguono anche nel corso del follow-up oncologico per le pazienti che hanno avuto in passato un tumore al seno, e nel corso delle terapie neoadiuvanti per la valutazione della risposta alle terapie farmacologiche preoperatorie.

Nella prima fase della visita, lo specialista rivolge delle domande alla paziente allo scopo di acquisire informazioni sulla storia familiare e clinica della paziente (anamnesi).

Le informazioni anamnestiche importanti per l’inquadramento clinico di un’eventuale condizione patologica riguardano:

  • casi di tumori del seno occorsi ai propri familiari;
  • eventuali gravidanze e allattamento al seno;
  • età del primo ciclo mestruale;
  • ritmo dei cicli mestruali o stato di menopausa;
  • eventuali patologie note.
  • eventuali terapie in corso;
  • abitudini alimentari;
  • livello di sedentarietà o di pratica dell’attività fisica;
  • consumo di alcol o di tabacco;
  • pregresso riscontro di reperti mammari anomali ad esami diagnostici precedenti.

Per quanto riguarda quest’ultimo punto, è molto importante portare in visione alla visita senologica eventuali esami effettuati in precedenza.

La seconda fase della visita clinica prevede dapprima l’ispezione dei seni in più posizioni, per valutare la forma, la simmetria e la dimensione delle ghiandole mammarie e l’aspetto dei capezzoli, e poi la palpazione delle mammelle, per l’individuazione di nodularità o altre anomalie nei tessuti della ghiandola mammaria, del complesso areola-capezzolo, delle stazioni linfonodali ascellari e sovraclaveari.

Con la sola visita clinica non è possibile apprezzare noduli molto piccoli né si hanno informazioni sulla natura delle eventuali anomalie riscontrate. La visita clinica deve quindi essere integrata con gli esami diagnostici di primo livello.

L’ecografia mammaria è un esame strumentale che permette di studiare accuratamente l’anatomia, la struttura e la costituzione del seno e di valutare l’eventuale presenza di formazioni nodulari al suo interno.

 

L’esame è assolutamente indolore e non presenta alcuna controindicazione per la salute, infatti può essere eseguita a qualsiasi età ed anche in gravidanza.

 

L’ecografia mammaria permette di approfondire lo studio di eventuali noduli riscontrati con l’autopalpazione o rilevati a seguito di una visita senologica e, ancora più importante, permette il riscontro di lesioni nodulari del seno molto piccole e non apprezzabili alla visita senologica.

Questo esame diagnostico analizza diversi aspetti delle lesioni mammarie: dimensioni, margini, densità e vascolarizzazione e permette di classificare un nodulo come benigno, dubbio o fortemente sospetto. In seguito all’ecografia lo specialista potrebbe richiedere ulteriori approfondimenti diagnostici per ottenere una diagnosi quanto più precisa ed attendibile possibile.

Per l’esecuzione dell’esame la paziente viene fatta sdraiare sul lettino in posizione supina. Il medico esplora con la sonda ecografica entrambi i seni in tutti i quadranti e le stazioni linfonodali dei cavi ascellari.
Alle pazienti non è richiesta alcuna preparazione prima di sottoporsi all’ecografia mammaria, tuttavia è consigliabile eseguirla nel periodo successivo al ciclo mestruale.

Nelle pazienti dai 25 ai 40 anni, l’ecografia è considerata l’esame di primo livello per la diagnosi del tumore della mammella e andrebbe eseguita una volta l’anno. In questa fascia di età la ghiandola mammaria presenta una struttura caratterizzata da maggiore densità che si presta ad essere esplorata più approfonditamente attraverso l’utilizzo di ultrasuoni che tramite i raggi X della mammografia.
Dopo i 40 anni l’ecografia mammaria rappresenta, invece, un’indagine integrativa alla mammografia.

L’agoaspirato è una procedura ambulatoriale che consiste nel prelevare tramite un ago sottile un campione di cellule dalla ghiandola mammaria finalizzato allo studio microscopico citologico.

 

La tecnica dell’agoaspirato è minimamente invasiva e non dolorosa.

 

Il campione cellulare viene prelevato attraverso un ago sottile (come quello di una comune siringa), con o senza guida ecografica. L’esame dura pochi minuti e non necessita di anestesia né di una particolare preparazione. A fronte di tali vantaggi però l’agoaspirato presenta alcuni limiti legati al fatto che a volte il materiale prelevato non contiene un numero sufficiente di cellule per giungere ad una conclusione diagnostica. Altre volte le cellule potrebbero avere caratteristiche intermedie tra quelle normali e quelle tumorali. In questi casi, i risultati dell’agoaspirato non vengono considerati conclusivi, ma solo orientativi e sarà necessario un ulteriore approfondimento diagnostico (come l’agobiopsia) per affinare la diagnosi tramite esame istologico.

Il referto dell’esame citologico è costituito da una breve descrizione seguita dalla conclusione diagnostica, codificata in 5 Classi:

  • C1: Reperto inadeguato per un giudizio diagnostico [numero troppo scarso di cellule per formulare una diagnosi citologica]
  • C2: Reperto benigno [presenza di cellule con caratteristiche benigne senza atipie]
  • C3: Reperto dubbio ma probabilmente benigno [presenza di blande atipie, correlabili nell’85% dei casi a patologie benigne]
  • C4: Reperto dubbio ma probabilmente maligno [presenza di cellule con marcate atipie, circa l’80% di probabilità che si tratti di una patologia maligna]
  • C5: Reperto positivo per cellule tumorali maligne.

 

Alla luce di tale referto il senologo potrà pianificare eventuali ulteriori approfondimenti diagnostici o indirizzare la paziente verso un iter terapeutico.

L’agobiopsia mammaria è una procedura ambulatoriale di diagnostica mini-invasiva finalizzata allo studio istologico di una lesione mammaria.

 

Per l’esecuzione di questa tecnica, la paziente viene fatta accomodare sul lettino, in posizione supina. A differenza dell’agoaspirato, la paziente è sottoposta ad anestesia locale, a seguito della quale, sotto guida ecografica, viene inserito un ago tranciante attraverso la cute, mediante una piccola incisione cutanea (che non supera i 3 mm). L’ago in questa procedura è di dimensioni maggiori rispetto a quello utilizzato per l’agoaspirato e permette l’asportazione di sottili frammenti di tessuto, definiti “frustoli”, destinati all’esame istologico. Al termine della procedura viene praticata una leggera pressione sulla sede del prelievo e viene effettuato un bendaggio compressivo intorno al torace, che la paziente potrà rimuovere dopo uno/due giorni.

La durata della biopsia mammaria varia a seconda del tipo di prelievi effettuati e del loro numero, in genere è di circa 15 minuti. Non è necessaria una particolare preparazione prima di tale procedura. È consigliabile, ma non indispensabile, la collaborazione di un accompagnatore per il rientro a casa dopo la procedura, poiché la paziente potrebbe avvertire qualche fastidio nei movimenti alla guida della propria autovettura. Se la paziente assume terapia anticoagulante è necessario informare il proprio medico curante così da sospendere e/o sostituire la terapia qualche giorno prima della procedura.

Dopo la procedura la paziente può regolarmente riprendere l’attività ordinaria. Entro 24 ore dall’agobiopsia potrebbe comparire una leggera dolenzia/fastidio nella sede della biopsia, per cui viene prescritta una terapia analgesica da assumere in caso di necessità.

L’esame istologico è più sensibile e specifico rispetto a quello citologico eseguito dopo l’agoaspirato e permette di ottenere informazioni più accurate sulla natura delle lesioni tumorali (istotipofattori biologicigrado di differenziazione).

Il referto dell’esame è costituito da una breve descrizione seguita dalla conclusione diagnostica, codificata in 5 Classi:

  • B1: Inadeguato/Non rappresentativo – Indica un prelievo tecnicamente non ottimale o non rappresentativo per la formulazione della diagnosi.
  • B2: Reperto benigno – Reperto riferibile a lesioni di natura francamente benigna.
  • B3: Atipie in lesione probabilmente benigna – Reperto riferibile ad una lesione “verosimilmente benigna”, ma meritevole di una più approfondita indagine istologica mediante asportazione chirurgica di tutta la lesione o di un adeguato monitoraggio clinico-strumentale.
  • B4: Sospetto di malignità – Reperto riferibile ad una lesione “verosimilmente maligna” in casi in cui per alterazioni artefattuali, scarsità dei reperti o altro il campione in studio è molto sospetto per un tumore maligno ma non può essere valutato con certezza.
  • B5: Reperto maligno – Reperto riferibile ad un carcinoma franco, in situ (ovvero non ancora infiltrante lo stroma), oppure infiltrante. In questi casi può essere eseguito un ulteriore studio immunoistochimico per valutare la biologia del tumore (assetto recettoriale, fattori prognostici).

Alla luce del referto istologico il senologo potrà pianificare eventuali ulteriori approfondimenti diagnostici o indirizzare la paziente verso l’iter terapeutico più opportuno per il caso specifico.